Café sur la Lune!


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Canale di letteratura, arte, attualità e malcelata crepuscolare gattofilia. Un po' bollettino un po' vetrina del nostro gruppo, dove discutiamo dei citati argomenti e altri ancora. Se vi va di partecipare, ci trovate qui: http://bit.ly/cafesurlalune

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Репост из: ● AnneChan ○
"Ophelia" by French stage actress and sculptor Sarah Bernhardt. (1880)


Репост из: ● AnneChan ○
"Chivalry" by English Victorian artist Frank Dicksee. (1885)


Le Jadi, le Pleiadi, l’Orse
e le nebulose; i zodiaci,
là in alto non tremano forse
quant’ora, in quest’otri elegiaci?

Così, cotti a punto, i compari,
(fradici di poesia)
esaltano in lieti parlari
il ciel divenuto osteria...

Poi tutti (li vidi una volta)
si danno a una danza simbolica,
coll’arte e la grazia raccolta
d’idropici ch’abbian la colica;

idillici grilli un po’ brilli
fra i timi squillando — per loro! —
un trito concerto di trilli,
sottile zampillo canoro.

Li vidi una volta... E — Ben giunto
— l’un d’essi mi disse — fra noi...
L’inter firmamento abbiam munto...
Ma ancor stelle restano. — Vuoi?

—Vuoi tu con noi scendere? Mentre
sei qui, puoi levartene l’uzzolo.
Mi senti un tintinno nel ventre?
Son stelle sonanti. Ne ho un gruzzolo.

—Ve n’hanno di bianche, di gialle,
di rosse; infinite ne sgorgan,
assai più che dòllari dalle
scarselle di Carnegie e di Morgan.

—Ti basta piegare la schiena
e mettere fuori la lingua;
così vai agli astri, e d’avena
celeste così ci s’impingua....

Parlava, ed or quella ed or questa
di stelle m’offerse: una ad una...
Ma dissi di no. — Nella testa,
ci ho già, che mi gira, la luna...


Ernesto Ragazzoni


__I bevitori di stelle
a Leonardo Bistolfi

Le notti che non c’è la luna,
le lucide notti d’estate
che il cielo la terra importuna
col lampo d’innumeri occhiate,

— occhiate di stelle! — e le cose
(che troppo si sentono addosso
le tante pupille curiose)
mal dormono un sonno commosso,

è allora che vengono fuori,
e, a un fiume che sanno, in pianelle,
s’avviano giù i bevitori
di stelle per bere le stelle,

le stelle piovute in riflessi
nell’acqua. Bocconi, alla scabra
si gittano, sponda, e sott’essi
han liquido un cielo alle labbra.

E bevono, bevono e dalla
profonda quïete del fiume
si vedon fiorire essi a galla
— offerto al lor giubilo — il lume

dei mondi lontani, e le ghiotte
sorsate s’affannano a bere,
nell’acqua ove nuota, la notte,
il fosforo e l’or delle sfere.

Le turbe beate son esse
di quelli che vivon di sogni,
d’azzurro, di terre promesse,
di limbi siderei, d’ogni

castel che si dondola in aria,
di quei che le fate morgane
richiaman con nuvola varia,
e le principesse lontane.

Ma non — a purpuree treccie
d’audaci comete afferrati —
si lanciano a schiudere breccie
nel ciel, verso cieli ignorati,

non essi, con tese le scotte,
frugando lontano per l’onde
vedranno balzar dalla notte,
nell’alba le nuove Golconde;

non mai, con lo scettro nel pugno,
(re magi orditori d’incanti),
trarranno le rose di giugno
dal grembo dei verni tremanti.

Se cercan di là dalla vita,
di là dalla meta altre mète,
se l’anima dolce han smarrita
a caccia di nubi, ed han sete

d’azzurro, di terre promesse:
di limbi siderei, d’ogni
miraggio che in aria si tesse;
è sol per gonfiarsene i sogni.

Flemmatici Ulissi, argonauti
che insegne d’ostiere han per bussola,
e donchisciottini ben cauti
impantofolati di mùssola,

così piano piano, uno ad uno,
levatisi tardi da pranzo,
sen vanno — nel grado opportuno —
a beversi un po’ di romanzo.

Tra i nembi a ghermirsi il suo mondo,
per gioghi intentati altri salga;
più giova cercarselo al fondo
d’un flutto, tra qualche fil d’alga;

e quelli — a portata d’un sorso —
d’ebbrezze ne han mille milioni,
(quanti Aldebarani in lor corso
mulinano i cieli, ed Orioni!)

E bevono, bevono, e i diacci
sommersi fantasmi degli astri,
per loro han più fascini e lacci
degli astri viventi, i grand’astri.

Borbottano l’acque. Dai margini
s’allungan le lingue volubili,
e l’ugole, libere d’argini,
esultan di liquidi giubili.

Gorgogli, glu-glu (giù pei vicoli
dell’epa) di gocciole garrule,
arpeggi qua e là — dai ventricoli —
di blandule bolle bizzarrule.

Aneliti come d’armenti
raccolti ad abbeveratoi,
sospiri, sussulti repenti,
d’alcun che tropp’avido ingoi.

Null’altro nell’ombra s’intende;
null’altro, se non questa sola
orchestra di fauci in faccende,
stromenti ineffabili a gola.

E quelli tracannano, e dalla
profonda quïete del fiume,
fiorisce lor tremulo a galla
il ciel col suo fervido lume.

Ma vedi, miseria! La stella
che in gocciola al labbro s’approccia,
al labbro si nega e ribella,
tal bacio che s’offre, e non sboccia.

Eppure — mirabile caso! —
allora che levano in suso
il mento i beventi, ed il naso,
un cielo in lor credono chiuso,

e (quasi s’avessero i mondi
davvero vibranti e commossi
nell’acqua de’ lor ventri tondi,
com’entro un boccal, pesci rossi),

si rizzano in piè, trïonfali,
ed empiono l’ombra di ciancia,
strillando i sublimi ideali,
di cui hanno gonfia la pancia.

Ognun sembra in estasi, ognuno
par preso da dolce delirio:
— Mi sono bevuto Nettuno!
— Mi scende nell’ugola Sirio!

— Me Venere inzuppa! — Portento,
traspiro Mercurio! — Ed io Marte!
— Io l’Algol del Pérseo sento
filtrarmi nel cor da ogni parte!

Io Giove! — Altair! — Vega! — Arturo!
È quasi una gara. Un signore
strillando proclama: — Vi giuro,
che in corpo ci ho l’Orsa Maggiore!

— Che buona, Alcïone! — che aroma
fermenta la Vendemmiatrice! —
— È come un sciroppo, la chioma
siderea di Berenice!

— Per me, questo infuso di sfere
virtù diuretiche ha rare...
— Sui piedi — volete vedere? —
vi sprizzo la Stella Polare... —

Le voci s’incalzano, e un dotto,
il labbro leccandosi tumido,
proclama che non c’è decotto
che valga un Empireo in umido...


Mio marito non avrebbe mai letto le mie poesie,
Allora ne ho scritta una su quanto non lo amavo.
Negli austeri canoni di un pentametro giambico
Ho declinato in dettaglio la sua freddezza, la sua mancanza di senso dell'umorismo.
Mi sono sentita molto bene.

Strofa dopo strofa, sono diventata sempre più audace.
Verso la fine, ispirata,
Ho scritto del mio vecchio fidanzato,
un ragazzo che non avevo amato abbastanza da sposare
ma che riusciva a farmi ridere, e ridere ancora.

Ho scritto della notte, un anno dopo il nostro addio,
in cui la freddezza di mio marito mi aveva fatto fuggire di casa
guidandomi dal vecchio fidanzato.
Ho anche inserito il nome di un motel squallido
ben noto per la mediocre ospitalità.
Ho un talento per la verosimiglianza, io.

Con immagini sensuali, ho descritto
come il mio ragazzo e io ci siamo tolti i vestiti,
siamo entrati nel letto, e ci siamo baciati e baciati,
e poi abbiamo trascorso metà della notte a raccontarci barzellette,
la maggior parte su mio marito.
Ho lasciato il finale volutamente ambiguo,
poi ho nascosto la poesia in un vecchio baule in cantina.

Puoi immaginare come finisce questa storia,
con mio marito che un bel giorno perde qualcosa,
va in cantina, e fruga nel vecchio baule,
scopre la poesia nascosta
e si siede a leggerla.

Non senti questi strani rumori
che galleggiarono su per le scale, quel giorno,
i versi di un animale, con la zampa imprigionata
in una di quelle tagliole con denti d'acciaio?
Vedi quella creatura ferita
in fondo alle scale,
le spalle curve e tremanti,
il pugno in bocca per soffocare i singhiozzi?
E' l'omaggio di mio marito alla mia arte.

Diane Lockward tradotta da Loredana Lipperini




Репост из: ● AnneChan ○
"Eve and the Apple" by French genre artist Jean Denis Antoine Caucannier. (1884)


Mariangela Gualtieri.


Scrivo e non scrivo niente,
parlo e non dico,
taccio e non taccio.
Il mio silenzio è contadino,
miete a fasci le nuvole
ara con gli occhi l’asfalto,
semina chicchi di caffè
sui banconi dei bar,poi
siede sul tuo nome
ad aspettare la pioggia.

Bruno Amore


La petite promenade du poéte

Me ne vado per le strade
Strette oscure e misteriose:
Vedo dietro le vetrate
Affacciarsi Gemme e Rose.
Dalle scale misteriose
C’è chi scende brancolando:
Dietro i vetri rilucenti
Stan le ciane commentando.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La stradina è solitaria:
Non c’è un cane qualche stella
Nella notte sopra i tetti:
E la notte mi par bella.
E cammino poveretto
Nella notte fantasiosa,
Pur mi sento nella bocca
La saliva disgustosa. Via dal tanfo
Via dal tanfo e per le strade
E cammina e via cammina,
Già le case son più rade.
Trovo l’erba, mi ci stendo
A conciarmi come un cane:
Da lontano un ubriaco
Canta amore alle persiane.

https://tanogaboblog.it/wp-content/uploads/2014/08/Van-Gogh-Notte-stellata-1889-Museum-of-Modern-Art-New-York.jpg


Репост из: Giselle
The Athenaeum in Venice | William Degouve De Nuncques


ERI BIANCO

Eri bianco,
la vita sembrava
in te finire,
io mi dicevo:
anch’io…

(… e il verbo che seguiva
era uccidersi,
morire.)


(da Per sempre, 1970)

Sempre sua.

Vi consiglio la raccolta.





Come manchi tu 
non manca niente
di ciò che ha nome. 

Ma questo silenzio sofferente 
che sembra inghiottire ogni cosa
mi rivela che tu manchi 
come la gioia
che nessuno sa chiamare.


Davide Rondoni.


Sì,
tu sei;
esisti nella vita,
risorgi nella morte
per ciò che ti brucia dentro gli occhi a mandorla,
azzurri,
per ciò che sai di te donare nel lamento
e più,
più ancora,
nel silenzio.
Non piangere;
tanta vita è già qui, tra noi,
e tanta ancora sarà,
tutta che resti a noi da vivere,
angelo e cane,
purché qualunque sia la redenzione
che tu farai di me in me,
sempre sarò legato
all’ombra oscura di tuguri e tane,
all’idiote speranze
gettate nella fragile allegria
d’incontri provvisori,
mai compromessi e spinti fino al limite
del sangue,
salvati sempre
o forse più dannati
da un lieve crepuscolo di gioco.

Alza anche tu
sulla città della vittoria tua,
ben oltre alza,
sulla mia
che si stende nell’infida pianura;
la mano alza,
sventola anche tu lo straccio,
il bianco brandello d’ogni rivolta necessaria,
la bianca bandiera della vita
e lìbrati
sull’ombra dei fucili
puntati contro Cristo!
Lìbrati
ancora te lo grido,
invincibile,
anche se vinto già
dal verme
che rode già e consuma
i ciechi vinti
e sui legni le bare di bellezze
del naufragio di rovina e strage!
Canta
Nell’orrore degli spasimi,
quando ogni evento
sembra farsi negazione e ombra.
Il graffito è qui,
di sangue e pietra;
il testamento brucia nella carne;
Chiavenna geme nell’incendio
delle vigne…
Rovina,
vittoria sulla morte,
lìbrati!
Angelo,
mia croce
lìbrati,
ricorda!


(da I trionfi, 1965)

Giovanni Testori.


Guarda "'O ssaje comme fa 'o core. Massimo Troisi "Letta da Bruno Di Giovanni"." su YouTube
https://youtu.be/cI1hTHC_6hg
'O ssaje comme fa 'o core. Massimo Troisi "Letta da Bruno Di Giovanni".
Troisi presta la voce in questa rilettura ed il secondo inedito "'O ssaje comme fa 'o core" scritta proprio dallo stesso attore di San Giorgio a Cremano. Dal...


φάραγγες

      πρώονές τε καὶ χαράδραι

      φῦλά τʼ ἑρπέτ' ὅσα τρέφει μέλαινα γαῖα

      θῆρές τʼ ὀρεσκώιοι καὶ γένος μελισσᾶν

      καὶ κνώδαλʼ ἐν βένθεσσι πορφυρέας ἁλός·

      εὕδουσι δʼ οἰωνῶν φῦλα τανυπτερύγων.

 

Alcmane, I Frammenti

"Dormono le cime dei monti e le gole, i picchi e i dirupi, e le schiere di animali, quanti nutre la nera terra, e le fiere abitatrici dei monti e la stirpe delle api e i mostri negli abissi del mare purpureo; dormono le schiere degli uccelli dalle ali distese".


Guarda "Mediterraneo Libro di poesie" su YouTube
https://youtu.be/EfCL-6AXBSk
Mediterraneo Libro di poesie
Questa scena è di una delicatezza unica, nei dialoghi, nelle interpretazioni degli attori i paesaggi e la musica......è MERAVIGLIOSA. Mario Azad Donatiello




Il canto della tenebra

La luce del crepuscolo si attenua:
Inquieti spiriti sia dolce la tenebra
Al cuore che non ama più!
Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
Sorgenti, sorgenti che sanno
Sorgenti che sanno che spiriti stanno
Che spiriti stanno a ascoltare...
Ascolta: la luce del crepuscolo attenua
Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra:
Ascolta: ti ha vinto la Sorte:
Ma per i cuori leggeri un’altra vita è alle porte:
Non c’è di dolcezza che possa uguagliare la Morte
Più Più Più
Intendi chi ancora ti culla:
Intendi la dolce fanciulla
Che dice all’orecchio: Più Più
Ed ecco si leva e scompare
Il vento: ecco torna dal mare
Ed ecco sentiamo ansimare
Il cuore che ci amò di più!
Guardiamo: di già il paesaggio
Degli alberi e l’acque è notturno
Il fiume va via taciturno...
Pùm! mamma quell’omo lassù!

http://4.bp.blogspot.com/_IwkF8CnZKko/TMKrW3L6y1I/AAAAAAAAC3U/fyKfyiD0ACU/s1600/Edvard+Munch2.jpg





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