Il sempre più massiccio invio di armi al governo di Kiev, comportando l’intensificazione e il prolungamento della guerra, ha provocato distruzioni incommensurabili e la morte di centinaia di migliaia di giovani ucraini sacrificati sull’altare di ragioni geopolitiche che nulla hanno a che vedere con la libertà ed il benessere del popolo ucraino e dei popoli europei. Dopo quasi tre anni di inutili massacri lo stesso presidente ucraino Zelensky (intervista a “Le Parisien”, 18 dicembre 2024), ha dovuto riconoscere che l’Ucraina non ha le forze per rovesciare le sorti del conflitto. Ciononostante le élite europee continuano ad alimentare a dismisura la spirale della contrapposizione generale di lunga durata contro la Russia, e la militarizzazione – già annunciata e in parte avviata – delle società ed economie europee e il loro passaggio dal welfare al warfare, con tagli pesantissimi alle spese sociali per incrementare le spese di guerra.
Occorre uscire da questa logica perversa che sta mandando in rovina il nostro Paese (non si tratta solo delle enormi somme inviate a Kiev per la guerra, ma anche del forte aumento dei prezzi dovuto alla scelta del governo italiano di non acquistare più il gas russo a buon mercato, per rifornirsi da USA e altri Paesi a prezzi doppi o tripli) e ritornare alla Costituzione, che all’articolo 11 prescrive in modo netto, chiaro, inequivocabile, che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il ripudio della guerra comporta per l’Italia l’obbligo di impegnarsi per fermare i conflitti, non di alimentarli con la fornitura di armi.
Sulla base di quanto su esposto
Noi cittadini della Repubblica italiana riteniamo che un ulteriore invio di armi a Kiev, come previsto dalla proroga del decreto:
– Alimenti un’escalation bellica che ha realisticamente come sola prospettiva un ulteriore coinvolgimento militare della UE e dell’Italia, fino a varcare la linea rossa di non ritorno di un coinvolgimento diretto del nostro Paese nella guerra contro la Russia, trasformando l’attuale cobelligeranza di fatto in guerra aperta, con conseguenze catastrofiche.
– Sia contro gli interessi della pace, alimentando la spirale di guerra e la prospettiva di un mondo di guerra, con aumento delle spese militari che sottraggono risorse a sanità scuola servizi sociali.
– Sia non solo contro i principi di pace e cooperazione internazionale che informano la nostra Costituzione, e violi la legge 185 del 1990, che vieta l’invio di armi a paesi belligeranti, ma vada anche contro gli interessi economici del nostro Paese, fortemente colpito dalle misure di embargo comminate dal 2014 contro la Russia e sempre più intensificate negli anni successivi.
– Vada contro gli interessi stessi della popolazione ucraina, che in sempre maggior numero rifiuta di andare a combattere e di aprire nuovi cimiteri di guerra (800.000 renitenti alla leva, secondo la stima del presidente della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha, riferito al quotidiano “Financial Time”). Un recente sondaggio dell’agenzia USA Gallup attesta che la maggioranza degli ucraini vuole negoziati e fine della guerra quanto prima possibile.
– Alimenti la contrapposizione contro la Federazione russa, un Paese che è geograficamente, storicamente, culturalmente, parte del continente europeo, un Paese rispetto al quale l’Italia non ha alcun contenzioso, nessuna controversia territoriale, né commerciale o economica, con cui, anche nel periodo della guerra fredda, seppe intessere proficui rapporti di cooperazione economica (basti ricordare qui la fabbrica di automobili di Togliattigrad, in cooperazione con la FIAT).
Roma, 8 gennaio 2025
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