🔍 Commento #lectio
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? Tra i vari criteri di valutazione che noi, esseri umani, usiamo per stabilire le nostre gerarchie di grandezza, occupa un posto di onore la scienza e la sapienza di cui ci siamo dotati e che facciamo emergere con i vari titoli. Tutto ciò viene spesso vissuto, non solo come personale arricchimento culturale, ma in modo più o meno consapevole, lo usiamo come motivo di prestigio e perfino come strumento di dominio sugli altri che riteniamo inferiori e meno dotati di noi. L’effetto peggiore che ci mortifica è il non vedere con gli occhi della ragione le sublimi verità che trascendono i nostri limiti umani e richiedono invece una luce speciale, quella dello Spirito Santo. Ha ragione il salmista a dire al Signore: «Nella tua luce, vediamo la luce!» Così comprendiamo anche l'intensità e il valore della preghiera che il Signore rivolge al Padre per noi: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Le cose nascoste di cui ci parla Gesù, sono i misteri del regno e i segni che li rivelano, riguardano la sua persona umano – divina, riguardano il suo messaggio di salvezza, il valore recondito delle tracce e dei prodigi, valori e verità queste che non possono essere compresi con la fioca luce della ragione umana, ma richiedono quella "piccolezza" interiore del nostro spirito che ci rende umili per essere accoglienti con la luce che Dio stesso ci dona. È una grande lezione di umiltà quella che Cristo ci vuole impartire: i segni di Dio possiamo accoglierli, non comprenderli perché avvolti nel mistero: il ritorno a Dio implica innanzi tutto il riconoscere il nostro misero stato di poveri peccatori, troppo distanti e oscurati dal male per poterlo vedere, troppo assordati dal fragore delle nostre presunzioni per poterlo sentire. Tornare come bambini significa per noi una interiore rinascita, un recupero della semplicità e dell'umiltà del cuore, vuol dire riacquistare la vista e l'udito dell'anima, la purezza del cuore per risollevarci e tornare guardare in alto. È opera dello Spirito la nostra rinascita, è quell'amore infinito e gratuito a rivelarci le verità e lo splendore di Dio e la persona del Figlio suo Gesù Cristo.
A cura dei giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? Tra i vari criteri di valutazione che noi, esseri umani, usiamo per stabilire le nostre gerarchie di grandezza, occupa un posto di onore la scienza e la sapienza di cui ci siamo dotati e che facciamo emergere con i vari titoli. Tutto ciò viene spesso vissuto, non solo come personale arricchimento culturale, ma in modo più o meno consapevole, lo usiamo come motivo di prestigio e perfino come strumento di dominio sugli altri che riteniamo inferiori e meno dotati di noi. L’effetto peggiore che ci mortifica è il non vedere con gli occhi della ragione le sublimi verità che trascendono i nostri limiti umani e richiedono invece una luce speciale, quella dello Spirito Santo. Ha ragione il salmista a dire al Signore: «Nella tua luce, vediamo la luce!» Così comprendiamo anche l'intensità e il valore della preghiera che il Signore rivolge al Padre per noi: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Le cose nascoste di cui ci parla Gesù, sono i misteri del regno e i segni che li rivelano, riguardano la sua persona umano – divina, riguardano il suo messaggio di salvezza, il valore recondito delle tracce e dei prodigi, valori e verità queste che non possono essere compresi con la fioca luce della ragione umana, ma richiedono quella "piccolezza" interiore del nostro spirito che ci rende umili per essere accoglienti con la luce che Dio stesso ci dona. È una grande lezione di umiltà quella che Cristo ci vuole impartire: i segni di Dio possiamo accoglierli, non comprenderli perché avvolti nel mistero: il ritorno a Dio implica innanzi tutto il riconoscere il nostro misero stato di poveri peccatori, troppo distanti e oscurati dal male per poterlo vedere, troppo assordati dal fragore delle nostre presunzioni per poterlo sentire. Tornare come bambini significa per noi una interiore rinascita, un recupero della semplicità e dell'umiltà del cuore, vuol dire riacquistare la vista e l'udito dell'anima, la purezza del cuore per risollevarci e tornare guardare in alto. È opera dello Spirito la nostra rinascita, è quell'amore infinito e gratuito a rivelarci le verità e lo splendore di Dio e la persona del Figlio suo Gesù Cristo.
A cura dei giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire, Bassano Romano (VT)