La fase uno è stata "disaccoppiare" l'economia europea da quella russa, impedendo lo scambio che faceva prosperare entrambe: dalla Russia a noi energia e materie prime a prezzi contenuti, da noi alla Russia prodotti finiti esportati in un mercato che li assorbiva con avidità (non sono un economista, ma in uno scambio del genere mi pare abbastanza chiaro chi dei due ci guadagnava di più - spoiler: noi). Le materie prime, ovviamente, le possiamo comprare dagli USA o da altri stati con governi più democratici (tipo l'Azerbaijan) con un lieve sovrapprezzo del 20-25%, ed è un piccolo sacrificio per non far prevalere la tirannia.
La fase due, attualmente in corso, è iniziare a stornare risorse da quella carcassa di stato sociale che ancora ci resta (e che, ricordo, ci siamo sentiti dire che era la prova che il liberismo funzionava meglio del socialismo) agli armamenti. Siccome la cosa era poco esplicita, qualche giorno fa Rutte ha parlato chiaro: il 2% del PIL in armi non è più il tetto, è la soglia, e bisogna arrivare al 3, ancora meglio al 4%. Del resto, dice sempre lui, l'Unione Europea spende un quarto del suo PIL in pensioni e varia assistenza, e si potrebbe dunque utilizzare allo scopo una oparte di questi fondi. Per capirci, l'Italia spende il 4,1% del PIL per l'istruzione e il 6,2% per la sanità, cifre talmente tanto sontuose che possono tranquillamente essere ridotte di un 1% a testa. C'è però una cosa che Rutte non dice esplicitamente ma che è la parte più importante del ragionamento: questi soldi europei, perché ricordo che parlava della UE, finirebbero in gran parte negli USA, perché l'industria bellica europea non è in grado di fornire tanti armamenti quanti ne servono per difenderci dalle orde tataro-mongole che premono ai nostri confini (le stesse orde che combattono con le pale e non hanno più benzina e proiettili, naturalmente). Ma per fortuna ci soccorrerà l'arsenale della democrazia, in cambio di un modesto guadagno.
La fase due, attualmente in corso, è iniziare a stornare risorse da quella carcassa di stato sociale che ancora ci resta (e che, ricordo, ci siamo sentiti dire che era la prova che il liberismo funzionava meglio del socialismo) agli armamenti. Siccome la cosa era poco esplicita, qualche giorno fa Rutte ha parlato chiaro: il 2% del PIL in armi non è più il tetto, è la soglia, e bisogna arrivare al 3, ancora meglio al 4%. Del resto, dice sempre lui, l'Unione Europea spende un quarto del suo PIL in pensioni e varia assistenza, e si potrebbe dunque utilizzare allo scopo una oparte di questi fondi. Per capirci, l'Italia spende il 4,1% del PIL per l'istruzione e il 6,2% per la sanità, cifre talmente tanto sontuose che possono tranquillamente essere ridotte di un 1% a testa. C'è però una cosa che Rutte non dice esplicitamente ma che è la parte più importante del ragionamento: questi soldi europei, perché ricordo che parlava della UE, finirebbero in gran parte negli USA, perché l'industria bellica europea non è in grado di fornire tanti armamenti quanti ne servono per difenderci dalle orde tataro-mongole che premono ai nostri confini (le stesse orde che combattono con le pale e non hanno più benzina e proiettili, naturalmente). Ma per fortuna ci soccorrerà l'arsenale della democrazia, in cambio di un modesto guadagno.