IL NATALE DI CHI NON C’È
In tutta Italia si apprestano a riunirsi attorno a un tavolo madri, padri, fratelli, sorelle, figli, nipoti, zii e cugini per celebrare il Natale.
Ma spesso attorno a quel tavolo ci sarà anche un posto vuoto. Il posto, drammaticamente vuoto, di chi è venuto a mancare di recente.
Non è affatto difficile, infatti, trovare una famiglia in cui sia venuto a mancare da poco un parente stretto, e la sua mancanza si fa sentire a Natale più che in qualunque altro giorno dell’anno. Di solito ad andarsene sono i più anziani, quando la natura segue il proprio corso. Ma spesso capita che, per malattie o incidenti, se ne vada anche chi non aveva ancora compiuto il ciclo naturale della sua vita. E in quel caso il dolore di chi resta si fa ancora più acuto, perchè alla mancanza fisica della persona scomparsa si aggiunge anche quel senso di ingiustizia per chi non ha potuto realizzare fino in fondo la sua missione terrena.
Ora qui io non voglio aprire un discorso filosofico sulla vita e sulla morte. Vorrei solo invitare tutti a mandare un pensiero di affetto a tutte quelle persone che si trovano nella condizione di non poter giore in pieno del momento di felicità familiare, proprio a causa di un lutto recente.
Trovandomi io stesso in quella situazione (quest’estate ho perso mia moglie), so benissimo che non esistono parole di conforto che possano consolare chi ha subito quel tipo di perdita: la morte di una persona cara è una ferita che non scompare più. Si rimargina, col tempo, ma non se ne andrà mai del tutto. Resterà con noi finchè vivremo, e tornerà a bussare con prepotenza nei nostri pensieri più intimi, quando meno ce lo aspettiamo. Dobbiamo semplicemente imparare a conviverci.
Ma c’è un pensiero che ci può aiutare ad attraversare questi momenti difficili. E’ il pensiero dell’immortalità dell’anima. Io ho la convinzione assoluta che il corpo fisico sia solo un aspetto marginale del nostro essere, uno strumento biologico che l’anima utilizza per un certo periodo di tempo, per fare le sue esperienze. Dopodichè ritorna da dove era venuta, in attesa di un nuovo ciclo di incarnazione. E là, in quella “zona di parcheggio” dove l’anima galleggia leggera fra le stelle, essa vede e sente tutto ciò che accade qui da noi.
Non può comunicare con noi in modo diretto, non può interferire nel nostro cammino, non può condizionare ciò che accade attorno a noi. Ma vede, sente, e prova emozioni pari alle nostre nell’osservare le nostre azioni quotidiane.
Sedetevi quindi a tavola con un pensiero positivo. Quel posto non è affatto vuoto, è semplicemente “vacante” dal punto di vista fisico. Ma la presenza c’è tutta, l’amore che quella persona vi ha dato c’è tutto, e lei stessa sente l’amore che voi continuate a provare per lei. Provate un attimo a chiudere gli occhi, a concentrarvi sul battito del vostro cuore, e sentirete un brezza gentile che vi accarezza per un attimo la pelle. E’ la carezza dell’anima.
Massimo Mazzucco
In tutta Italia si apprestano a riunirsi attorno a un tavolo madri, padri, fratelli, sorelle, figli, nipoti, zii e cugini per celebrare il Natale.
Ma spesso attorno a quel tavolo ci sarà anche un posto vuoto. Il posto, drammaticamente vuoto, di chi è venuto a mancare di recente.
Non è affatto difficile, infatti, trovare una famiglia in cui sia venuto a mancare da poco un parente stretto, e la sua mancanza si fa sentire a Natale più che in qualunque altro giorno dell’anno. Di solito ad andarsene sono i più anziani, quando la natura segue il proprio corso. Ma spesso capita che, per malattie o incidenti, se ne vada anche chi non aveva ancora compiuto il ciclo naturale della sua vita. E in quel caso il dolore di chi resta si fa ancora più acuto, perchè alla mancanza fisica della persona scomparsa si aggiunge anche quel senso di ingiustizia per chi non ha potuto realizzare fino in fondo la sua missione terrena.
Ora qui io non voglio aprire un discorso filosofico sulla vita e sulla morte. Vorrei solo invitare tutti a mandare un pensiero di affetto a tutte quelle persone che si trovano nella condizione di non poter giore in pieno del momento di felicità familiare, proprio a causa di un lutto recente.
Trovandomi io stesso in quella situazione (quest’estate ho perso mia moglie), so benissimo che non esistono parole di conforto che possano consolare chi ha subito quel tipo di perdita: la morte di una persona cara è una ferita che non scompare più. Si rimargina, col tempo, ma non se ne andrà mai del tutto. Resterà con noi finchè vivremo, e tornerà a bussare con prepotenza nei nostri pensieri più intimi, quando meno ce lo aspettiamo. Dobbiamo semplicemente imparare a conviverci.
Ma c’è un pensiero che ci può aiutare ad attraversare questi momenti difficili. E’ il pensiero dell’immortalità dell’anima. Io ho la convinzione assoluta che il corpo fisico sia solo un aspetto marginale del nostro essere, uno strumento biologico che l’anima utilizza per un certo periodo di tempo, per fare le sue esperienze. Dopodichè ritorna da dove era venuta, in attesa di un nuovo ciclo di incarnazione. E là, in quella “zona di parcheggio” dove l’anima galleggia leggera fra le stelle, essa vede e sente tutto ciò che accade qui da noi.
Non può comunicare con noi in modo diretto, non può interferire nel nostro cammino, non può condizionare ciò che accade attorno a noi. Ma vede, sente, e prova emozioni pari alle nostre nell’osservare le nostre azioni quotidiane.
Sedetevi quindi a tavola con un pensiero positivo. Quel posto non è affatto vuoto, è semplicemente “vacante” dal punto di vista fisico. Ma la presenza c’è tutta, l’amore che quella persona vi ha dato c’è tutto, e lei stessa sente l’amore che voi continuate a provare per lei. Provate un attimo a chiudere gli occhi, a concentrarvi sul battito del vostro cuore, e sentirete un brezza gentile che vi accarezza per un attimo la pelle. E’ la carezza dell’anima.
Massimo Mazzucco