L’ULTIMA LETTERA DI MARIANNE PRAEGER - JOACHIM, NATA IL 5 NOVEMBRE DEL 1921, MILITANTE TEDESCA ANTINAZISTA DECAPITATA A 22 ANNI PER AVER DATO FUOCO A UNA MOSTRA DI PROPAGANDA: UN GESTO CHE FECE SCALPORE IN TUTTO IL MONDO
“Cari suoceri,
State purtroppo per perdere un altro figlio, sebbene in questo caso solo acquisito. Mi spiace solo che non creda nell’Aldilà, altrimenti sarei già contenta di potermi riunire col mio - e il vostro - Heini. Ma comunque non sarà per me difficile, solo mi dispiace per mia mamma e mio papà! Siategli accanto in questi tempi difficili: io ho provato sempre a dar loro speranza, sebbene io non ne avessi [...] Mando le mie cose al vostro indirizzo, mamma, perché non so quanto i miei genitori possano rimanere a casa. Vi mando i miei ultimi saluti, cara madre, caro papà Alfons, Rudi, Nanni, Stupsi, le piccole Gertchen e Werner, e vi mando ogni possibile augurio. Soprattutto a Erich: nei miei pensieri gli stringo forte forte la mano. E anche agli altri parenti, i Reetz, Neumann, Arndt.
Non lasciate i miei genitori da soli! Aiutateli per quanto possibile! E a voi, grazie per tutto l’amore e i bei momenti trascorsi. Vi abbraccio tutti fortissimo,
la vostra Marianne.”
Queste furono le ultime parole scritte da Marianne Joachim, 22 anni neanche compiuti. Le scrisse poco prima di andare al patibolo, il 4 marzo del 1943. Sarebbe stata decapitata in quanto traditrice, in quanto sovversiva socialista, e in quanto ebrea. Marianne era nata il 5 novembre del 1921 da una famiglia ebrea, lavoratori nel campo dell’edilizia a Berlino. Negli anni ‘30 si avvicina alle idee socialiste mentre la Germania vira pericolosamente verso il nazismo. Lavorò come maestra fino al 1940 quando il regime le impose, in quanto ebrea, di lasciare il suo posto per iniziare a lavorare in un’officina la cui manodopera era composta interamente da ebrei. È qui che conosce Heinz Joachim. Lui è ebreo solo da parte paterna - la madre è cristiana - e a sua volta socialista. Si sposano e in breve tempo entrano a far parte della rete locale di resistenza coordinata da Herbert Baum. La loro azione più clamorosa avvenne il 18 maggio del 1942 quando riuscirono ad appiccare il fuoco ad una mostra organizzata dalla propaganda nazista contro l’URSS. I danni furono limitati ma l’evento ebbe una portata internazionale. Nei mesi successivi, tuttavia, la Gestapo arrestò quasi tutti i componenti della banda Baum, compresi Heinz e Marianne.
Heinz venne ucciso nell’agosto di quell’anno. Quando mesi dopo, a marzo appunto, capì che sarebbe toccato a lei, Marianne decise di scrivere l’ultima lettera ai suoceri. Sapeva, come si evince dal testo, che avrebbero avuto una migliore sorte dei suoi genitori, entrambi ebrei. Non si sbagliava: i suoi genitori morirono entrambi nei campi di sterminio; la stessa sorte la subì il suocero Alfons, mentre la madre di Heinz, l’unica non ebrea, sopravvisse alla guerra.
“Cari suoceri,
State purtroppo per perdere un altro figlio, sebbene in questo caso solo acquisito. Mi spiace solo che non creda nell’Aldilà, altrimenti sarei già contenta di potermi riunire col mio - e il vostro - Heini. Ma comunque non sarà per me difficile, solo mi dispiace per mia mamma e mio papà! Siategli accanto in questi tempi difficili: io ho provato sempre a dar loro speranza, sebbene io non ne avessi [...] Mando le mie cose al vostro indirizzo, mamma, perché non so quanto i miei genitori possano rimanere a casa. Vi mando i miei ultimi saluti, cara madre, caro papà Alfons, Rudi, Nanni, Stupsi, le piccole Gertchen e Werner, e vi mando ogni possibile augurio. Soprattutto a Erich: nei miei pensieri gli stringo forte forte la mano. E anche agli altri parenti, i Reetz, Neumann, Arndt.
Non lasciate i miei genitori da soli! Aiutateli per quanto possibile! E a voi, grazie per tutto l’amore e i bei momenti trascorsi. Vi abbraccio tutti fortissimo,
la vostra Marianne.”
Queste furono le ultime parole scritte da Marianne Joachim, 22 anni neanche compiuti. Le scrisse poco prima di andare al patibolo, il 4 marzo del 1943. Sarebbe stata decapitata in quanto traditrice, in quanto sovversiva socialista, e in quanto ebrea. Marianne era nata il 5 novembre del 1921 da una famiglia ebrea, lavoratori nel campo dell’edilizia a Berlino. Negli anni ‘30 si avvicina alle idee socialiste mentre la Germania vira pericolosamente verso il nazismo. Lavorò come maestra fino al 1940 quando il regime le impose, in quanto ebrea, di lasciare il suo posto per iniziare a lavorare in un’officina la cui manodopera era composta interamente da ebrei. È qui che conosce Heinz Joachim. Lui è ebreo solo da parte paterna - la madre è cristiana - e a sua volta socialista. Si sposano e in breve tempo entrano a far parte della rete locale di resistenza coordinata da Herbert Baum. La loro azione più clamorosa avvenne il 18 maggio del 1942 quando riuscirono ad appiccare il fuoco ad una mostra organizzata dalla propaganda nazista contro l’URSS. I danni furono limitati ma l’evento ebbe una portata internazionale. Nei mesi successivi, tuttavia, la Gestapo arrestò quasi tutti i componenti della banda Baum, compresi Heinz e Marianne.
Heinz venne ucciso nell’agosto di quell’anno. Quando mesi dopo, a marzo appunto, capì che sarebbe toccato a lei, Marianne decise di scrivere l’ultima lettera ai suoceri. Sapeva, come si evince dal testo, che avrebbero avuto una migliore sorte dei suoi genitori, entrambi ebrei. Non si sbagliava: i suoi genitori morirono entrambi nei campi di sterminio; la stessa sorte la subì il suocero Alfons, mentre la madre di Heinz, l’unica non ebrea, sopravvisse alla guerra.