Graphite, una fonte del Fatto in Israele: “Da voi solo lo Stato può averlo utilizzato”
Paragon - La legge vieta la vendita del trojan a privati
Di Ferruccio Sansa
“Due. In Italia i clienti di Graphite, lo spyware prodotto da Paragon, sono solo due: un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence”. Due soggetti quindi riferibili allo Stato italiano? “Sì”. È categorica la fonte che il Fatto ha contattato in Israele, dove ha sede Paragon (a Jaffa). Aggiunge: “Il problema nell’utilizzo del software spia in casi come questo riguarda il cliente più che il produttore. Può trattarsi di un utilizzo compiuto direttamente dal titolare della licenza oppure di un utilizzo abusivo”.
Può essere più chiaro? “Chi compra lo spyware ne affida l’utilizzo ad altri violando le regole”. Insomma, da Tel Aviv puntano il dito verso l’Italia. Non sarà un modo per difendere un colosso del settore spionistico, tra l’altro fondato da Ehud Barak, ex premier laburista? “No, Paragon non ha amici nel governo. Barak non sta con Netanyahu”.
Ma vediamo perché “l’abuso” nell’utilizzo di Graphite nascerebbe in Italia. “Un prodotto come questo può essere venduto soltanto a uno Stato oppure a soggetti governativi”, spiega un noto broker italiano di prodotti informatici legati alle comunicazioni e alle intercettazioni (anche lui, per ovvie ragioni, chiede l’anonimato).
Possibile che ci siano falle nella rete? “No. Questi spyware si commerciano come un’arma, un missile. La transazione passa attraverso apposite commissioni”. È ipotizzabile che Paragon abbia deciso di vendere a ‘privati’, violando le regole? “No”, rispondono le fonti israeliane, ma anche italiane, “perché le norme e i controlli sono stringenti. Il produttore rischia sanzioni pesantissime che possono portare alla chiusura. Tra l’altro Paragon da un mese è stata acquistata da un fondo americano sottoposto a controlli perfino più stringenti”. Paragon, spiegano da Israele, “ha clienti in una trentina di paesi, soprattutto occidentali: Stati Uniti, Europa, tra cui l’Italia, e Singapore che è alleato di Israele. Tenete presente che un software come questo, in mani sbagliate può essere veramente pericoloso”.
Ci sono anche questioni tecniche che portano a pensare che l’abuso nell’utilizzo di Graphite dipenda dal cliente più che dal produttore. “Graphite è uno spyware all’avanguardia, il primo ‘zero clic’. Per essere inoculato in un telefonino non richiede nemmeno che la persona intercettata clicchi su un messaggio o un numero”, spiega il broker. Ma c’è di più: Graphite è costosissimo. Dipende dal numero di cellulari spiati, ma soprattutto dagli aggiornamenti richiesti. Pensate che un telefonino presenta anche 14 exploit, cioè nodi da sciogliere per essere ‘violato’. E cambiano nel giro di giorni. Per far fronte a tutto questo Graphite può costare intorno ai 20 milioni”.
Infine: uno spyware così sofisticato – che bypassa anche gli operatori telefonici – richiede supporti tecnici non accessibili a privati. “Difficile che non ci sia di mezzo uno Stato. Ufficialmente oppure, appunto, con un utilizzo abusivo”.
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Giorgio Bianchi Photojournalist