Durante le fasi più acute dell'emergenza abbiamo sentito levarsi molti pianti in nome degli "sciagurati tagli alla sanità pubblica". Per molti mesi, persino i più spietati teorici dell'austerità si sono stracciati le vesti per la miopia di certe scelte politiche.

Bene.

Oggi, a neanche due anni dall'inizio dell'epidemia, il Governo Draghi già preannuncia una riduzione della spesa sanitaria per oltre sei miliardi fra il 2022 e il 2023. Nell'arco di soli due anni, la percentuale del PIL italiano investita nella tutela della nostra salute raggiungerà livelli più bassi di quelli del 2019.

Nel frattempo, mentre si fa scempio del Sistema Sanitario Nazionale, non si sfiorano i fondi destinati alla sanità privata e il ddl concorrenza apre la strada a una nuova ondata di "razionalizzazioni". Che, come abbiamo imparato negli ultimi vent'anni, fanno rima con esternalizzazioni e privatizzazioni.

La liquidazione di quel che resta del nostro stato sociale è ripartita in grande stile. E naturalmente gli smemorati teorici dell'austerità tornano ad applaudire con entusiasmo.
D'altronde, si sa: la storia è sempre la stessa quando #celochiedeleuropa

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