Esiste un detto latino che recita: "Quos vult Iupiter perdere, dementat prius" ("Giove fa prima perdere il senno a quelli che vuol mandare in rovina.")
Ecco, io non so se ci abbiano messo lo zampino Giove, Odino, Jahvé, Ahura Mazda o altri sùperi.
Mi astengo da un'analisi delle probabili cause, anche se credo che molto ci sarebbe da dire sui processi tecnologici e sociali di annichilimento mentale che hanno avuto luogo negli ultimi decenni.
Sia come sia, oggi l'opinione pubblica occidentale, proprio come alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, mi sembra estensivamente preda di decadimento cognitivo.
Se andate a rileggere i toni e gli argomenti sui giornali degli anni 1900-1914, trovate elzeviri infiammati da una retorica tanto razionalmente vuota, quanto esplosiva. Al tempo intellettuali critici come Karl Kraus dalle pagine della "Fackel" cercarono di far ragionare, con sagacia e sarcasmo, la borghesia colta (la maggior parte della popolazione rimaneva esclusa dalla fruizione intellettuale).
Ma fu tutto inutile.
A titolo di curiosità, Wittgenstein ricevette lo stimolo decisivo ad occuparsi di chiarificazione semantica del linguaggio proprio a partire dalla frustrazione di fronte al catastrofico livello del discorso pubblico europeo di quegli anni.
Oggi, come allora, la capacità di trangugiare con grande seriosità e zero spirito critico tonnellate di menzogne animose, distorsioni strumentali e veline di regime è a livelli fuori scala.
Capita davvero di sentire gente, con piglio da cittadino pensoso e responsabile, farfugliare amenità come:
"Eh, ma cosa pensi che si possa fare a meno di un esercito?"
"Ma hai visto cosa ha fatto Putin dell'Ucraina, chi ti dice che noi non siamo i prossimi?"
"Facciamo prima l'esercito europeo, e poi faremo gli Stati Uniti d'Europa!"
Fino al definitivo:
"Se sei così putiniano, perché non te ne vai in Russia?"
Capacità di visionare realisticamente scenari storici pari a zero.
Conoscenza dei processi strutturali, istituzionali, materiali e motivazionali nulla.
Principio di realtà estinto.
La mia sensazione è che questi livelli di disfacimento mentale non appartengano propriamente all'errore logico-concettuale, o solo in parte.
Piuttosto credo che essi corrano per lo più in parallelo con una condizione di profondo disagio esistenziale, una percezione acuta di cupio dissolvi. In un mondo in cui centinaia di milioni di persone sono state persuase che tutto ciò che la vita può promettere appartiene ad un catalogo Amazon, il desiderio recondito di violenza, rabbia, distruzione, vendetta contro il proprio destino, è lava ribollente sotto una crosta instabile.
E perciò argomentare lascia il tempo che trova: è come cercar di convincere un tossico che la droga fa male; se ti darà ragione sarà solo nella misura in cui darti ragione lo porterà alla prossima dose. A prevalere non sono le ragioni della mente, ma un'oscura brama organica.
Un caro amico ha citato come atteggiamento adatto a questi tempi di rovina l'heideggeriana Gelassenheit, approssimativamente traducibile come l'accettazione di ciò che il destino ci riserva.
Forse ha ragione.
Forse lasciare che il fuoco bruci fino ad estinguere tutto il materiale atto a combustione è davvero un atteggiamento raccomandabile, persino saggio.
Solo che qui, alla fine, contrariamente a molte chiacchiere contemporanee, nessuno sceglie ciò che è.
E per alcuni caratteri, forse difettati, accettare serenamente la catastrofe non è mai un'opzione.