Laboratorio di scrittura


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Laboratorio nato dall'idea degli admin del gruppo @salottoletterario.
Vuoi unirti a noi? Insieme ci si diverte di più! !!
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Nel mezzo del cammin della mia vita
Mi ritrovai in una selva oscura
Che la diritta via era smarrita.

Non ho avuto bisogno di nessun demone,
Buttato Caronte a mare
Ho diretto la mia barca verso paradisi artificiali.

Sbarcato ho attraversato prati
Dove ho seminato e raccolto
Meravigliosi fiori del male,
Mentre il ritratto della mia anima
Marciva segregata nelle mie
Stanze più intime.

Affacciato alla finestra
A rimirar tra le rossastre nubi
Stormi di uccelli neri
Come esuli pensieri
Nel vespero migrar
Ho atteso le notti di questa
Falsa primavera.

Sdraiato addosso al mare,
Sotto stelle benevole,
Ho percepito davvero come
Anche lo spazio ha una sua solitudine.

E mi sono sentito come quel passero
Che beato si gode la quiete
Dopo la tempesta da sopra una siepe
Che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte
Il guardo esclude.

Ho lasciato il colle
E ho sceso senza dare il braccio
A nessuno
Milioni di scale.

Nonostante ancora per me
Non sia mattina

*Mi illumino d'immenso*

✏️Giorgio
#1poesia


✍️ Laboratorio di scrittura ✏️

Il "Laboratorio di scrittura" del gruppo @salottoletterario, da oggi collegato al nuovo gruppo di scrittura creativa (troverete il link nel messaggio fissato su @amorepoesia), ritorna attivo con delle novità o difficoltà.

📝PERCORSI: RACCONTO DISTOPICO E POESIA

❓Come si partecipa? Chi vuole scrivere un RACCONTO e/o una POESIA deve rispettare queste poche regole:

✏️PER LA POESIA
Costruire intorno al verso della poesia "Mattina" di Giuseppe Ungaretti, la vostra poesia. Decidete voi se aggiungere il verso, nella parte iniziale, centrale o finale.

"M'illumino d'immenso"...

✏️PER IL RACCONTO
Scriviamo un racconto distopico, partendo dal titolo di un romanzo distopico dal titolo "Qualcosa, là fuori" di  Bruno Arpaia edito Guanda. Il libro racconta il viaggio dei migranti ambientali dall’Italia verso la Scandinavia, in un’Europa devastata dal riscaldamento globale.
Per voi "Qualcosa, là fuori" cosa? Raccontate la vostra storia

❌SOLO PER IL RACCONTO⬇️
- Lo scritto deve rispettare il limite delle 4096 battute (sono il numero di caratteri permessi da telegram in un singolo post).

- Tutti gli enunciati devono essere firmati anche solo con un nickname.

- Invio entro 30 NOVEMBRE su @Leggendo_bot con l'hastag #laboratoriodiscrittura #racconto e/o #poesia
- Chiunque può partecipare al Laboratorio. È aperto a TUTTI.
- Le composizioni saranno pubblicate nei rispettivi gruppi. L'autore potrà decidere in piena libertà se partecipare all'eventuale discussione o meno.

✍️ Diamo sfogo alla creatività e alle nostre emozioni. La scrittura è un'ottima terapia 💪


I Falsi Miti sulla Scrittura

La scrittura è un ambito del sapere come tanti altri ed è quindi normale che sia pieno di stupidaggini e di Falsi Miti diffusi da chi non la conosce davvero. I Falsi Miti sono una piaga che affligge tutti i campi del sapere e li lascia spaesati a chiedersi cosa abbiano in testa certe persone.

👉 Primo Mito: “Ci vuole Talento!”
Il talento è un concetto ambiguo, ma stringendo molto possiamo dire che non esiste qualcosa come il talento innato. La scrittura non è un'informazione contenuta nel DNA e non arriva dai nostri antenati, quindi è qualcosa di "appreso". Il talento, in senso comune, è più che altro abilità costruita con lo studio e l'impegno. Tante persone talentuose, portate per una certa attività, sono semplicemente un po' più competenti perché per motivi totalmente casuali negli anni precedenti si sono dedicati a fare quella cosa o cose affini. Così sono i ragazzini portati per il disegno, perché le lodi da bambini li stimolavano a impegnarsi di più. Così è per gli scrittori. Perfino il piccolo Mozart, di solito chiamato in causa quando si parla di talenti "innati", divenne tanto bravo perché il padre Leopold lo obbligava a ritmi di studio della musica massacranti fin da quando aveva pochi anni. Un approccio rigidissimo, brutale, che oggi definiremmo una vera e propria violenza su minore...
Il talento è solo addestramento

👉 Secondo Mito: “Se seguiamo tutti le stesse regole scriveremo tutti uguale!”
Ragioniamoci un attimo. Un pianoforte ha solo un numero limitato di tasti, eppure è possibile produrre musiche incredibilmente diverse. L'alfabeto è composto da poche lettere, eppure non produciamo solo poche parole possibili. Ti sembra che "frullatore" e "polisemico" indichino la stessa cosa? Lo stile non è sbagliare i congiuntivi. Non è scrivere scene piatte e prive di conflitto. Lo stile non sono gli errori!

👉Terzo Mito: “Studiare la struttura delle storie non serve, è roba solo per i film!”
Siamo proprio sicuri? In realtà il modello usato nei migliori film viene dal teatro, e viene chiamato “modello aristotelico” perché le sue radici affondano nelle tragedie greche e nella Poetica di Aristotele. È il modello adottato da Shakespeare nelle sue opere migliori. Chi scrive romanzi, proprio per la minore appetibilità e immediatezza rispetto alle serie televisive, dovrebbe ancora più di tutti gli altri autori voler fare un lavoro strutturale eccellente.

👉 Quarto Mito: “Diventare un bravo scrittore richiede molti anni di fatica!”
No. Andare a caso fino a quando non si ottiene, per pura fortuna e dopo valanghe di rifiuti, di imparare a scrivere in modo decente, può richiedere anni. O più spesso non avvenire mai. Non basta leggere “buoni libri” per imparare a scrivere, come non basta guardare i fori nel bersaglio al poligono per imparare a sparare col fucile. Il testo scritto e i buchi di proiettile sono il risultato che nasce da idee e pratiche che non si possono cogliere senza conoscerle già. E poi come fai a sapere quali testi sono “buoni” se non conosci le regole per discriminare i tuoi gusti personali dalla reale efficacia? E le grandi idee? Non basta solo la “tecnica” di scrittura per fare un bel romanzo. I meccanismi e i ragionamenti che portano al risultato del romanzo emozionante ed evocativo sono nascosti, avvengono nella mente dell’autore. Lì succede la magia della scrittura: 99% nascosto, 1% sul foglio.

👉 Quinto Mito: “Scrivere richiede ispirazione e lunghe sessioni in totale isolamento!”
L’ispirazione è sopravvalutata ed è tutt’altro che casuale: ci sono metodi per favorire la creatività e permettere al nostro cervello “inconscio” di lanciarci idee fantastiche da scrivere. L’ispirazione è qualcosa che possiamo addestrare fornendo al nostro cervello adeguati stimoli creativi e un buon programma di lavoro.

Non mischiamoci con gli imbrattacarte che riducono ogni questione seria a opinioni farcite di Falsi Miti: è il momento di lasciarli da soli a parlarsi addosso del nulla farcito col niente.

✏️IL LABORATORIO STA PER TORNARE ATTIVO 😉
SIATE PRONTI
😏


#2poesia

Questo è il tesoro,
il momento presente con te.
Ti sento nel vento
che soffia e va via.
Il dolore si fonde con i ricordi,
La tua memoria, la tua dolcezza.
Un abbraccio mai dimenticato.
La vita è un attimo.
Nel silenzio mi parli ancora
Perché tu sei sempre con me.

✍malessia

#1poesia #2poesia




#1poesia

Se chiudo gli occhi, riesco a vedere col cuore il tuo sorriso dolce e delicato.
Se stringo le labbra assaporo tutte le torte che, quando tornavo da scuola mi facevi assaggiare..
Se sto in silenzio i tuoi passi leggeri sono musica per le mie orecchie.
La mia mano sente il calore della tua, mamma.
Il tempo distorce i ricordi, Dio cosa darei per ricordarmi la tua voce, se solo avessi potuto imprigionarla in un cassetto della memoria: l ascolterei all infinito.
Di te non mi rimangono che le foto ingiallite di noi due sorridenti e, mentre le accarezzo, lo sguardo scivola sulla tua fede d' oro che porto al dito.

✍Malak




✍️ Laboratorio di scrittura
MAGGIO 🌹

Il "Laboratorio di scrittura" del gruppo @salottoletterario, da oggi collegato al nuovo gruppo di scrittura creativa (troverete il link nel messaggio fissato su @amorepoesia), dedica questo mese alle nostre MAMME.
Ciascuno di noi ha esperienze differenti e vogliamo trasmetterle attraverso la scrittura.
Vi chiediamo quindi di scrivere

📝 UNA LETTERA ALLA VOSTRA MAMMA DI RINGRAZIAMENTO O ALTRO

📝 UNA POESIA BREVE PER ESPRIMERE I VOSTRI SENTIMENTI

❓Come si partecipa? Chi vuole scriverà una LETTERA e/o una POESIA deve rispettare queste poche regole:

🌾 NESSUNA PAROLA OBBLIGATORIA. MASSIMA LIBERTÀ. RITENIAMO CHE NON ESISTANO PAROLE CHIAVE UGUALI PER TUTTI A DESCRIVERE EMOZIONI, SENSAZIONI ED ESPERIENZE DI VITA

- Lo scritto deve rispettare il limite delle 4096 battute (sono il numero di caratteri permessi da telegram in un singolo post).

- Tutti gli enunciati devono essere firmati anche solo con un nickname.
- Invio entro il 29 MAGGIO su @Leggendo_bot con l'hastag #laboratoriodiscrittura #lettera e/o #poesia
- Chiunque può partecipare al Laboratorio. È aperto a TUTTI.
- Le composizioni saranno pubblicate anche nel gruppo @salottoletterario. L'autore potrà decidere in piena libertà se partecipare all'eventuale discussione o meno.

✍️ Diamo sfogo alla creatività e alle nostre emozioni. La scrittura è un'ottima terapia 💪


#6racconto04

Tutto ebbe inizio 10 anni fa, era cominciato il nuovo anno da due mesi e già nell’aria si respirava un’aria strana. Dovete sapere che io non ero amante dei telegiornali ma la notizia arrivò ovunque! Social network, telegiornali, internet, programmi tv...in Cina c’era un virus sconosciuto, denominato inseguito “Covid19” che ammazzava tanta gente. Si presumeva provenisse da un esperimento in laboratorio sui pipistrelli e questo contagio portava febbre e problemi respiratori tanto che la gente cadeva in terra per strada! Ricordo che la prima cosa che pensai fu: “povere persone, ci sarà uno sterminio in Cina”. Fu tutto così veloce, nel giro di due settimane il virus arrivò in tutto il mondo; iniziò a morire tanta gente anche qui e nel giro di poco tutta l’Italia divenne zona rossa!Non avevamo molti respiratori per mettere in terapia così tanti contagiati, fu il panico! Tanta gente morì sola in ospedale e tanti furono i corpi da non saper dove seppellire. Fummo costretti a non poter più uscire di casa se non in casi di estrema necessità, fummo costretti a procurarci mascherine per uscire e a non entrare in contatto con nessuno; dovevamo indossare dei guanti e non potevamo toccarci il viso se non con mani pulite, dovevamo disinfettare tutto ciò che portavamo in casa! Eravamo lontani dai nostri cari e fortunatamente grazie alla tecnologia riuscivamo a non sentire troppo la loro mancanza.
Il primo mese passò in fretta, tutti nel mondo si dedicavano allo sport in casa con i tutorial dei trainer, si dilettarono in cucina sfornando pizze, focacce, torte e roba di ogni tipo (infatti il lievito diventò introvabile), furono inventate diverse soluzioni per creare le mascherine giacché in commercio non ce n’erano,furono lanciati nuovi hashtag come #iorestoacasa con foto allegate, ci furono challenge sui social network.. insomma, tutti si dilettavano in qualcosa!
Arrivò il secondo mese e cominciò la crisi per la mancanza di parrucchieri, così tutti ebbero dei nuovi passatempi e usarono i loro fidanzati, fratelli, mariti come cavie divertendosi a sperimentare con risultati disastrosi. La gente continuava a contagiarsi, noi eravamo ancora chiusi in casa e la situazione cominciava a pesare.I furbetti non sono mai mancati! In molti usavano scuse per uscire a fare una passeggiata, in molti uscivano senza mascherina e tossivano a destra e a sinistra senza neanche mantenere le giuste distanze di sicurezza; si doveva uscire con l’ autocertificazione in cui scrivevi i motivi della tua uscita.
Attendavamo con ansia gli aggiornamenti di Conte (il nuovo sex symbol di Italia) e ogni volta che parlava, ci annunciava restrizioni più rigide. Arrivammo al 4 maggio, la famosa “liberazione” perché si poteva iniziare ad uscire per qualche breve passeggiata, la gente pian piano ricominciava a lavorare, ma dovevamo imparare a convivere con il virus fino alla scoperta di un vaccino. Non potevamo fermare il mondo fino ad allora, così con tutte le dovute precauzioni potevamo ricominciare pian piano a vivere.
Furono mesi molto duri, molto difficili e impiegammo un intero anno prima di ritornare del tutto alla nostra vita normale, ad essere liberi dalle mascherine, a poter uscire con i nostri amici senza mantenere i 2 metri di distanza, a goderci l’aria aperta respirando a pieni polmoni.
Potevamo liberare le nostre menti abituate ormai all’attenzione assoluta per l’igiene e alla mania compulsiva di dover disinfettare tutto prima di appoggiarlo da una qualsiasi parte. Fu difficile ricominciare! L’economia ebbe grossi danni in particolar modo nel settore del turismo; la gente aveva paura a viaggiare. Fortunatamente con il tempo è tornato tutto alla normalità e ora posso dirvi che apprezzo la vita e le piccole cose quotidiane che essa ci dona. Dopo così tanto tempo in cui il mondo si è fermato, abbiamo imparato a non sottovalutare niente e a goderci tutto con un animo diverso.
Il Covid19 ci ha cambiato!

✍ Paola brbie

#1racconto04 #2racconto04 #3racconto04 #4racconto04 #5racconto04 #6racconto04




#3lettera04

Caro dottore,
chi le scrive è una mamma che la vuole ringraziare per quello che ha fatto per me.
Già. Ricordo il giorno del parto: ero molto in ansia e soffrivo, con accanto mia madre.
Mio figlio, che non voleva uscire, era entrato in una fase di relax, se così la vogliamo chiamare.
Lei, però, è stato molto tempestivo: ..ha fatto capire che bisognava agire immediatamente ed è prontamente intervenuto. Il mio bambino, senza di lei, sarebbe nato, si, ma forse con qualche problema.
Invece, grazie alla sua professionalità e generosità d'animo, con grande gioia ho visto la mia creatura venire alla luce senza rischi. Un domani, quando mio figlio sarà grande gli parlerò di lei, della sua profonda gentilezza e pazienza nei nostri confronti. E' vero, e il suo dovere, ma lei ci ha messo e ci metterà sempre diligenza, passione e amore. Avrei da dirle tante cose, ma non mi pare bello dilungarmi troppo, anche perché a volte scrivere poche parole che escono direttamente dal cuore vale più che pronunciarne mille. Adesso siamo costretti a casa per questa emergenza, non posso neanche ringraziarla per quello che lei ha fatto per noi due. Ma appena questa terribile situazione sarà finita, verrò ad abbracciarla e le farò conoscere mio figlio.
Potremo stringerci la mano e guardarci negli occhi; io, commossa, potrò dirle grazie di tutto.
Quella sera ero sfinita, avevo paura ma i suoi occhi mi hanno infuso coraggio e tutte le mia paure sono svanite.
di essere me stessa in un momento dolorosi, si, ma anche gioioso..
Adesso la saluto, non senza ringraziarla ancora per tutto quello che ha fatto per noi. Sono orgogliosa di tutto questo e un giorno lo sarà anche il mio amato figlio.

Arrivederci, sua Cristiana.

✍ Cristina

#1lettera04 #2lettera04 #3lettera04




#5racconto04

La quarantena fu un'esperienza. Come tutto ciò che si vive intensamente con gli anni la ricordo in modi sempre diversi e lunatici. Anche mio nonno, nonostante la sua vita di successo, quando mi parlava degli anni della guerra avevo la sensazione fossero stati i più importanti della sua vita. Ma la guerra è una cosa diversa, la durezza dell'uomo è sempre diversa. Io della pandemia ricordo il sole in terrazza che ci cambiava la giornata. Si stava le ore a contemplare il suo tragitto e i ritagli di verde concessici. Ricordo di non aver avuto paura. Ricordo tutto il tempo che ho avuto per capire ciò che mi stava succedendo. Talvolta è necessario un errore per capire errori già commessi, purtroppo spesso gli errori diventano orrori.
Coglievo i più profondi mutamenti della società dai notiziari, che ondeggiavano tra intrattenimento e divulgazione, e dalla fila dei supermercati, che racchiudevano fiduciosi, annoiati, volenterosi e circospetti. Per la prima volta nella mia vita mi piaceva aspettare, soprattutto quando ero tra gli ultimi della fila che sovente era abbastanza lunga da lasciarmi al sole, arrotolata tra gli esercizi considerati non necessari. E mentre una primavera precoce cullava il mio pensiero, riaffioravano i sapori che avevo letto la sera prima, crescendo e fermentando. Era tutto perfetto quando la vidi, tranne la posizione in fila. Appena trovata fu persa per sempre. Era una farfalla, ma anche me stesso, la bellezza, la natura, la libertà. Come mio nonno non vinsi la guerra. Giusto il tempo di capire che vivevo in un mondo sbagliato che esso ritornò più errato di prima. I tg lo dicevano che il pianeta non era mai stato meglio, Camus parlava di rivolta e i miei piedi puzzavano per via di quelle scarpe che mi separavano dal suolo. Forse c'era qualcuno che sapeva cosa fare, ma nessuno sapeva farlo.

✍ Giorgio

#1racconto04 #2racconto04 #3racconto04 #4racconto04




#2lettera04

Ci sono giorni foderati di un calore pigro, in cui è dolce restarsene pascalianamente chiusi dentro una stanza.
Da quando ho ricominciato a scrivere, Giannina, ho scoperto di essere un nittalopo. Talvolta persino attraversare il corridoio luminoso per andare in bagno, per me diventa un viaggio disorientante.
Forse col tempo si finisce per sentire più vicina la propria appartenenza al regno delle creature notturne, quelle più volatili, leggere, quelle più invisibili.
Tua madre mi ha sempre visto infondo, come una nottola che si alza in volo al calar della sera, quando il giorno è volto ormai al termine.
Anche lei amava la seralità della vita, il gridìo delle rondini, le tonalità violacee delle nuvole e le lunghe passeggiate in riva al mare, con i piedi nell’acqua, a guardare la luna che spunta.
Eravamo giovani, Giannina. Eravamo innamorati. Gli innamorati notturni. I fidanzati della sera.
Oppure semplicemente, gli amanti dell’avemmaria.
Adesso è la solitudine la mia più fedele compagna.
Quando sei da solo, ti leghi di più alle cose, a quegli orpelli che nelle case pavoneggiano come pura scenografia emotiva: una vecchia chitarra classica che nessuno suona, libri ingombranti che nessuno sfoglia, rastrelliere di vini pregiati che nessuno beve.
E il secchio della spazzatura. Perché il secchio della spazzatura finisce per essere l’unica cosa con cui intrattengo davvero un rapporto di continuità. All’interno sedimentano le scorie dei miei giorni, i cascami della mia insulsa esistenza.
E tu come trascorri le giornate, Giannina?
So che detesti la matematica ma, in compenso, scrivi in una maniera divina. A scuola i professori ti considerano una futura promessa della letteratura e già preconizzano intorno a te un lavorio di strette di mano e fazzoletti merlettati e baffi rinascimentali.
So che ti piacciono le conchiglie e anche le barche.
Voglio svelarti un piccolo aneddoto.
Quando tornavo dai miei lunghi viaggi, ero solito fermarmi in una conchetta di sabbia nei pressi della nostra casa.
Scendevo dall’auto, scavalcavo il muretto di cinta e rastrellavo la battigia per trovare la conchiglia più bella.
Poi rientravo in macchina e dopo pochi metri parcheggiavo l’auto nel piccolo slargo sotto il grande pino, attraversavo a passo di carica la complanare e mi fermavo sull’altura rocciosa della baia.
Volgevo lo sguardo verso il basso e vi trovavo lì. Il mio universo era tutto lì, Giannina, racchiuso in quella piccola insenatura sabbiosa baciata dal sole e da quello scorcio di mare.

Era come sollevare il velo di Maia e ritrovarsi davanti a un’opera straordinaria: tua madre, sul bagnasciuga, con il suo raffinato pareo nero e tu che giocavi in quella vecchia barchetta azzurra ormeggiata sulla spiaggia.
Era bellissimo osservarvi nel giuoco alterno di due anime che si cercavano con lo sguardo e si sovrapponevano scambiandosi le parti.
Io restavo, come un’elegante grisaglia appesa alla maniglia della vostra porta, fuori dalla vostra stanza, fuori dalla vostra equazione amorosa.
Così, quando mi vedevi spuntare dalla massicciata, balzavi dalla barca come una locusta e iniziavi a correre verso di me fino a svenire nelle mie braccia. Poi sgraffignavi dalle mie mani la conchiglia che avevo raccolto per te, la accostavi all’orecchio e ti soffermavi ad ascoltare il suono del mare.
E infine ridevamo, correvamo fino al porticciolo e ci divertivamo a leggere ad alta voce i nomi delle barchette…

✍ Gianni Lamu

#1lettera04 #2lettera04




#1lettera04

Carissima dottoressa,
Grazie! Lo so, in questi anni chissà quanti Le avranno ripetuto questa parola e lei sorridendo ha sempre nascosto tutti i sentimenti e tutte le emozioni che le passavano per la testa.
A distanza di un decennio mi trova qui a scriverle queste righe che vorrei fossero estese a tutti i suoi colleghi e operatori. Quando si dice che il vostro mestiere è una missione non posso che esserne pienamente d’accordo. Nel corso della mia vita ho fatto esperienza personale, con una lunga malattia, di quanto siate importanti per il nostro sistema Paese e mi rammarico per quanto all’epoca eravate in condizioni critiche e pur gridandolo ovunque non eravate ascoltati. Avevate ed avete ancora ragione quando dite che non siete stati, né mai sarete eroi: chi sceglie il vostro mestiere lo fa perché sente dentro di se una spinta all’essere al servizio per la cura di una intera comunità. Poco importa il grado di specializzazione e la bravura personale, lo fate perché vi scorre nelle vene. Provavo profonda pena nel vedere i vostri volti segnati da ore e ore di servizio ma sempre con il sorriso; provavo profonda pena nell’ascoltare e leggere i resoconti ogni giorno.
A nome di questo Paese, pertanto, sento anche di dovervi delle profonde scuse. Se da un lato abbiamo dimostrato la nostra grande unità nazionale rimanendo, per quanto possibile, compatti per affrontare un’emergenza di quella portata, devo riconoscere che dall’altro non vi abbiamo reso facile il compito: non si può gridare “restiamo a casa” e poi fare il contrario. Non ci si può lamentare se, per il comportamento di alcuni, la morsa alle libertà personali viene stretta sempre di più.
I nostri anziani ci hanno sempre detto che la guerra era ben altra cosa; se per loro il fronte era costituito da un ammasso di terra scavata, il nostro fronte erano le nostre case e l’arma più affilata era costituita dalla nostra coscienza che questa esperienza ha fatto maturare profondamente.
Grazie, perché avete mostrato continuamente il volto umano e quotidiano di questo mestiere. Ho ancora impressa nella mente la sua foto mentre riposa con le braccia e la testa appoggiata ad una tastiera di un PC o gli appelli incessanti al rispetto delle regole.
Ho provato a raccontare ai miei nipoti quello che accadde, ho tirato fuori vecchie foto ed articoli ma nulla, se non la vostra viva testimonianza, può essere l’unica prova di questa grande pagina di storia. Ho solo fatto, a nome vostro, alcune raccomandazioni: ogni volta che varcheranno la soglia di un ospedale, incroceranno i vostri sguardi e la vostra fatica, sappiano che hanno di fronte un uomo o una donna che ha fatto all’ epoca e fa ancora oggi un’unica missione: lottare con ogni mezzo, insieme al paziente, per la vita.
Termino qui. Potrei scrivere chissà quante altre cose ma sia io che lei sappiamo bene che non è necessario, pertanto la ringrazio e le auguro ogni bene.

✍ Robyx33




#4racconto04

Oggi è una bella giornata.
Il sole accarezza i vetri come un languido amante, il pesco nell’orto è in fiore.
Preparo una tazza di caffè, un bicchiere di nesquik e una manciata di biscottini sul piatto.
I passi del mio nipotino riempiono la cucina di suoni melodiosi.
Si siede a tavola con me, il ciuffo nero spettinato e gli occhi vispi di sua madre.
-Nonna, dove l’hai scattata quella foto dove sembri un’aliena?-
Sorrido, e poi rido. E poi mi si ferma un groppo in gola.
E poi, un po’ piango.
Recupero il foulard dall’armadio all’ingresso, lo prendo per mano e andiamo fuori.
Il tepore del vento primaverile asciuga le lacrime ferme agli angoli degli occhi.
Faccio un grande respiro, riempiendomi i polmoni dell’agrore del limone e della dolcezza del melo.
Della purezza dell’aria incontaminata, dell’assenza di costrizioni.
Della libertà.
Lo porto vicino a un vaso.
Sul pelo dell’acqua galleggia, maestosa, una ninfea color ghiaccio.

-Sai cosa fa questo fiore?
Affonda le sue radici nel fango.
Eppure cresce, puro e incontaminato.
Resiliente, forte.

In quella foto sono vestita da ninfea.
Con me ce n’erano tante altre, sai? Di tutti i colori.
Abbiamo lottato per liberare le persone dal fango.
Alcuni di noi ne sono rimasti avviluppati, altri, purtroppo, si sono adagiati sul fondo.
Ma tutti, tutti quanti abbiamo lottato, fino alla fine.
C’era la devozione al nostro lavoro e l’amore della gente
che ci teneva a galla, proprio come l’acqua tiene sospesa questa ninfea.

Sai quando l’ho piantata? La sera in cui tutto è finito.
Io, le stelle e lei.
Per ricordarmi che, anche quando il fango cerca di inghiottirti, la luce oltre l’acqua c’è sempre.
Non si spegne mai.-

Mio nipote resta in silenzio, pensieroso.
Mi chiedo se abbia compreso le mie parole o se, in qualche modo, l’abbia turbato.

-Nonna, da grande voglio essere anch’io una ninfea.-

Rientriamo in casa, vado a posare la sciarpa.
Fra cappotti ed ombrelli spicca, nel suo candore, un camice bianco.
Odora di bucato, farmaci e mentine.
Lo accarezzo come si fa con un vecchio amico.
Io e lui, fra la vita e la morte.
Ogni giorno.
Io e lui, Amore e sacrificio.
Io e lui...

fino alla fine.

✍🏻Nicole

#1racconto04 #2racconto04 #3racconto04



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